A pochi chilometri dal centro abitato di Gratteri, in direzione sud-ovest, sorgono i suggestivi ruderi dell’Abbazia di San Giorgio, un antico complesso monastico di epoca normanna che racchiude secoli di storia, spiritualità e trasformazioni. Immersa nel paesaggio collinare siciliano, a circa 4 km dal paese, l’abbazia rappresenta una delle testimonianze più affascinanti della presenza dei Normanni nell’isola, in particolare nel loro intento di promuovere il monachesimo occidentale in contrapposizione alla tradizione bizantina orientale. La chiesa è dedicata a San Giorgio in adempimento a un voto fatto durante la battaglia di Cerami. In quella drammatica occasione, si racconta che apparve un misterioso cavaliere, avvolto in scintillanti armature, a cavallo di un destriero bianco e con in mano un vessillo candido, recante una croce simile a quella di San Giorgio. L’apparizione, interpretata come un segno divino, ispirò la devozione al santo, cui fu intitolata l’abbazia in segno di gratitudine e protezione.
Abbazia di Gratteri: storia
La fondazione dell’abbazia è tradizionalmente collocata intorno al 1140, su iniziativa del Duca Ruggiero, primogenito del re Ruggero II di Sicilia. Sul Dizionario Topografico della Sicilia di Vito Amico si legge: “Il monastero di S. Giorgio sotto l’ordine Premostratense in prima, casa attualmente della cavalleresca milizia di S. Giovanni; il costrusse e lo dotò il Duca Ruggiero primogenito del Re Ruggiero nell’anno 1140 circa, come attesta il Re Tancredi figliuolo del medesimo Duca in un suo diploma del 1190. Papa Lucio III preselo poi nel 1182 sotto l’apostolica protezione, e rinnovò la conferma del suo predecessore Innocenzo II. Martino finalmente come di regio Patronato commendollo a Benedetto de Ginestra Canonico regolare”. Tuttavia, alcuni studiosi ritengono che i resti oggi visibili possano risalire addirittura al secolo precedente. Infatti, una bolla del 1115, attribuita a Guglielmo I il Malo, fa riferimento alla “venerabile e sacra mansione di San Giorgio dei Crateri”, alla quale venivano concesse terre nella zona di Petralia, suggerendo l’esistenza di un insediamento religioso già operativo in quel periodo.
La fase più significativa della vita dell’abbazia si sviluppa tra il pontificato di Innocenzo II e quello di Lucio III, i quali ne sancirono ufficialmente l’esistenza e la collocazione sotto la protezione apostolica. L’abbazia venne affidata ai monaci premostratensi, probabilmente provenienti dalla canonica di Saint-Josse-au-Bois, nella diocesi di Amiens, in Francia. Questo legame con l’ordine dei premostratensi, attivo nel riformare la vita monastica secondo i principi agostiniani, si inserisce nel più ampio progetto normanno di rafforzare l’influenza del clero latino nell’isola.
Nonostante i privilegi e le protezioni papali, già a partire dal 1223 l’abbazia cominciò un lento declino. Divenne presto una commenda, cioè un beneficio ecclesiastico affidato a un commendatario laico o religioso, e nel giro di poco tempo perse completamente la sua funzione monastica. Intorno al 1305, la canonia venne soppressa e i monaci premostratensi espulsi. La struttura visse ancora per qualche secolo come commenda, per poi essere definitivamente abbandonata nel 1645.
Nonostante l’abbandono istituzionale, la chiesa dell’abbazia rimase in funzione almeno fino alla metà del XIX secolo. L’abate Vito Amico, nel suo celebre Dizionario Topografico della Sicilia, descrive infatti l’edificio come ancora aperto al culto e appartenente all’ordine dei Cavalieri di Malta, eredi spirituali dei precedenti ordini cavallereschi e religiosi.
Come accaduto a molti altri edifici religiosi soppressi nel corso dei secoli, l’Abbazia di San Giorgio conobbe un destino comune ma triste: privata del suo ruolo spirituale e della sua rilevanza storica, venne lentamente ridotta a rudere. I contadini del luogo iniziarono a riutilizzare l’antico edificio come stalla e deposito di fieno, segnando la fine definitiva della sua sacralità.
Abbazia di Gratteri: Architettura
Sebbene oggi dell’Abbazia di San Giorgio di Gratteri rimangano solo poche vestigia, queste rovine, restaurate di recente, offrono preziose informazioni sulla struttura originaria dell’edificio e sul suo stile architettonico, tipicamente normanno, con influenze romaniche e soluzioni costruttive comuni ad altri grandi cantieri del XII secolo in Sicilia, come quello del Duomo di Cefalù.
Il cuore dell’abbazia era rappresentato dalla chiesa, della quale sopravvivono i muri perimetrali che ne delineano ancora con chiarezza la pianta basilicale a tre navate. Sul lato di fondo orientale si aprivano tre absidi, secondo uno schema liturgico e spaziale coerente con l’architettura monastica dell’epoca. Tra queste, soltanto l’abside centrale sporgeva all’esterno e presentava una raffinata decorazione a lesene, molto simile a quella visibile nel celebre duomo normanno di Cefalù, a conferma dell’appartenenza della chiesa a una medesima corrente artistico-costruttiva.
La muratura dell’abside centrale è realizzata in conci regolari di pietra, caratterizzati da incavi agli spigoli destinati ad accogliere colonne alveolari — un dettaglio architettonico che conferisce al manufatto una certa eleganza e che rivela una conoscenza avanzata delle tecniche di lavorazione della pietra. Le altre pareti dell’edificio, invece, mostrano una costruzione più semplice in opera incerta, con pietrame informe disposto in modo irregolare, ad eccezione delle incorniciature delle strette finestre, che dovevano costituire elementi di maggiore pregio estetico e funzionale.
Uno degli elementi più interessanti ancora visibili è il prospetto della chiesa, che conserva un portale centrale in pietra, affiancato da arcate cieche laterali. Il portale si distingue per una raffinata decorazione “a bastoni spezzati”, un motivo ornamentale ricorrente nell’architettura normanna e presente anche nel portale del duomo di Cefalù. Ai lati dell’arco erano inserite colonne alveolate, i cui capitelli sono ancora in parte visibili. La presenza, ai lati del portale, dell’attacco di due archi trasversali suggerisce che un tempo esistesse un protiro — una piccola struttura di ingresso coperta, spesso usata nelle chiese romaniche per enfatizzare l’accesso liturgico e scenografico all’edificio.
Il complesso conventuale
Sebbene le strutture del monastero siano andate perdute, è possibile ipotizzarne la distribuzione sulla base della disposizione tipica degli edifici monastici del periodo. La fabbrica conventuale doveva estendersi sul lato settentrionale della chiesa, probabilmente comprendente ambienti destinati alla vita quotidiana dei monaci come il dormitorio, il refettorio e la sala capitolare. Un chiostro — fulcro della vita monastica — doveva essere addossato alla navata meridionale della chiesa, come avveniva comunemente negli insediamenti premostratensi e benedettini.
Oggi, le rovine dell’Abbazia di San Giorgio di Gratteri, immerse nel silenzio delle Madonie, continuano a raccontare — attraverso pietre scolpite, archi spezzati e absidi segnate dal tempo — la memoria di un passato glorioso. Nonostante il degrado, l’impianto architettonico conserva tracce eloquenti di una visione monastica raffinata, fondata su equilibrio, sobrietà e armonia con il paesaggio. Le sue strutture antiche testimoniano il ruolo cruciale della Sicilia come crocevia di culture, poteri e spiritualità.
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Informazioni aggiuntive
- Epoca: XII secolo
- Ubicazione: C.da San Giorgio, Gratteri