Il Castello di Gratteri sorgeva sulla sommità della Rocca San Vito, in una posizione di straordinaria importanza strategica, a strapiombo su un profondo burrone noto come la “Bocca dell’Inferno”. Qui, secondo fonti storiche, si trovava già in epoca bizantina e poi araba un presidio militare, successivamente fortificato dai Normanni tra l’XI e il XII secolo per difendere il Val Demone dalle incursioni saracene. La fortezza, imponente e quasi inespugnabile, rappresentava il primo baluardo difensivo dell’area e diede origine al nucleo medievale del paese.
Nel suo Dizionario Topografico della Sicilia, Vito Amico riporta le diverse denominazioni assunte nel tempo da Gratteri: Gratterium, Graterium, Grateris, Grattera, Craterium – a testimonianza della lunga e complessa evoluzione toponomastica del borgo, citato già in documenti risalenti al 1062: ““Vien detta questa terra Gratterium da Maurolico, da Fazello, ed in un privilegio del Re Martino del 1392, Graterium da Briezio. Gratteris dal Pirri, Gracteris da Arezio, Craterium anche da Maurolico e da Pirri, Grateris da Silvagio, Grattera in un privilegio del 1131 di Ugone Arcivescovo di Messina, in altro del Conte Ruggiero del 1062 e del Re Ruggiero del 1134.”
Il castello di Gratteri, accessibile tramite tre porte e caratterizzato da robuste mura, è oggi ridotto a pochi ruderi. La sua progressiva distruzione iniziò nel 1820, quando parte della struttura venne smantellata per ricavarne materiali da costruzione destinati alla nuova Chiesa Madre, situata lungo l’attuale corso Umberto. Restano, tuttavia, le suggestioni di un luogo carico di storia, memoria e fascino.
Il Castello di Gratteri e la Matrice Vecchia
Il castello di Gratteri, antica e imponente fortezza normanna, era accessibile da tre porte e difeso su due lati da un profondo burrone noto come la “Bocca dell’Inferno” — una valle a forma di cratere, così suggestiva da essere descritta come un’opera divina sospesa tra il cielo e quello che un tempo era chiamato il “mare degli Etruschi”, l’attuale mar Tirreno. Attorno alla rocca si sviluppava un sistema difensivo che comprendeva possenti mura e, forse, anche un ponte levatoio, come suggeriscono i resti lignei ritrovati in corrispondenza di uno degli ingressi.
La porta principale, dedicata ai Ventimiglia, sorgeva nella parte bassa dell’abitato, nei pressi del torrente e lungo l’antico Vicolo Saraceni. Una seconda porta si trovava all’inizio dell’attuale Via Castello, ai piedi della torre dell’orologio, dove un tempo montava la guardia. La terza è ancora visibile: si apre oggi sulla Piazzetta Garibaldi e conduce, passando sotto il pavimento della Madrice Vecchia, direttamente all’area del castello. Attraverso questa porta si accedeva quindi alla Matrice Vecchia, voluta nella prima metà del XIV secolo dai Ventimiglia, signori del feudo. In origine dedicata a San Michele Arcangelo, la chiesa fu probabilmente edificata come cappella palatina e comunicava direttamente con le stanze del castello tramite una galleria coperta da archi a sesto acuto. All’interno sono custodite le tombe di alcuni esponenti di spicco della famiglia, tra cui Maria Filangeri e Gaetano Ventimiglia, principe di Belmonte. Accanto alla chiesa, all’interno della cinta muraria del castello, si erge il campanile parrocchiale che ospita sette campane, una delle quali reca incisa la data del 1390.
Nel perimetro del castello si trovavano anche altre due chiese oggi scomparse: Santa Maria del Rosario in Castro e San Giuseppe, di cui restano solo alcuni frammenti. È ipotizzabile che la stessa chiesa di San Michele sia nata come riedificazione di una più antica Santa Maria in Castro.
Nonostante i danni subiti nei secoli, fino all’inizio dell’Ottocento il castello era ancora in buona parte integro: vi si riconoscevano numerose stanze e persino il carcere, tristemente noto per aver ospitato il Vescovo di Cefalù, Nicolò De Burrellis, morto d’inedia nel 1383 per ordine del barone Antonio Ventimiglia. La definitiva rovina della fortezza ebbe inizio nel 1820, quando fu smantellata per ricavarne il materiale utile alla costruzione della nuova Chiesa Madre. Di quel glorioso passato restano oggi ruderi evocativi, custodi silenziosi della storia millenaria di Gratteri.
Riproduzione riservata
Informazioni aggiuntive
- Epoca: XII secolo
- Ubicazione: Rocca San Vito
- Condizioni: Scomparso