Abbazia di San Martino delle Scale – Monreale

L’Abbazia di San Martino delle Scale sorge nel territorio di Monreale a 10 chilometri dal capoluogo siciliano e si trova immersa nel verde di una vallata. Del complesso architettonico fanno parte un monastero benedettino e la Basilica abbaziale dedicata a San Martino Vescovo di Tours, le cui origini sono molto antiche. Secondo la tradizione, l’abbazia venne infatti fondata nel VI secolo da Papa Gregorio Magno e distrutta sotto gli Arabi nel IX secolo.

Abbazia di San Martino delle Scale

L’Abbazia di San Martino delle Scale fu quindi costruita sulle rovine di un antico monastero gregoriano, devastato dai Saraceni nell’820.

Il Fazello nelle “Due deche dell’historia di Sicilia” nel descrivere Montereale, parla anche del monastero benedettino e della chiesa di San Martino e ne attribuisce la fondazione a Pietro Indulfo nel 1182: «A questa succede una valle circondata da Monti, dove è la chiesa di S. Martino, fabricata già da Pietro Indulfo, come si conosce per un privilegio di Guglielmo Re di Sicilia, per virtù del quale egli dona detta chiesa di san Martino, a la chiesa di Montereale, dato in Palermo del mese di Giugno l’anno MCLXXXII, il qual luogo Emanuello Arcivescovo di Monreale diede poi a’ Monaci di san Benedetto, con questa conditione, che vi fabricassero un monasterio, e che ogn’anno i detti Monaci fussero obligati andare a processione con candele accese in mano alla chiesa di Monreale, ch’è lontana due miglia, nel di della sua festa, che viene a gli 8 di Settembre, ch’è la Natività della Vergine Maria. Con questa conditione, a la chiesa di san Martino fu congiunto il Convento, ch’è de’ belli, e de’ ricchi di tutta la Sicilia».

Storia dell’Abbazia di San Martino

Il primo documento ufficiale che riporta notizie sull’Abbazia di San Martino delle Scale reca la data 1347. Si tratta di un atto di fondazione dove vengono citati i nomi dei monaci del monastero di San Nicola l’Arena di Nicolosi a cui Don Emanuele Spinola, Arcivescovo di Monreale, affidò il compito di fondare un nuovo monastero nel feudo di San Martino. Il fondatore fu il beato Angelo Sinisio che nel monastero introdusse le attività proprie della regola dei benedettini, come la coltivazione della terra e uno scriptorium destinato al lavoro degli amanuensi per la riproduzione dei codici.
Lo storico Vito Maria Amico nella seconda metà del Settecento nel suo “Lexicon topographicum Siculum” definisce il monastero di San Martino delle Scale come “un magnifico edilìzio che sollevasi in mezzo a deliziosa vallèa” e sulla sua costruzione scrive così: «Monastero nei monti occidentali di Palermo a 7 m. dalla città, sostituito all’antichissimo del medesimo nome costruito per monache da S. Gregorio Papa, e sovrappostone ai ruderi, preclaro dell’onor dell’abate e di un collegio di monaci benedettini; è detto eccellente dal Pirri sovra tutti gli altri di Sicilia e molti d’Italia per gli edifizii, la moltitudine delle ricchezze, l’eminenza del fondatore e del dotatore e l’ampiezza della giurisdizione. Lo riedificò coi suoi il B. Angelo Senesio catanese, monaco di S. Niccolò dell’Arena, e pietosi fedeli ed ottimi principi l’accrebbero copiosamente di possessioni».

Abbazia di San Martino delle Scale: Biblioteca e Museo

Le strutture originarie sono andate perdute in seguito ai lavori di rifacimento che interessarono il complesso abbaziale nel Cinquecento, epoca in cui il monastero benedettino entrò a far parte della congregazione cassinese. In quegli anni, e per almeno i due secoli a venire, l’Abbazia di San Martino delle Scale visse un periodo di splendore, grazie anche alla sua ricca biblioteca, la cui realizzazione risale al tempo dell’abate Sinisio, al quale sono stati attribuiti i primi libri teologici in essa conservati. Nel 1620, su richiesta dell’abate Stefano D’Amico, la biblioteca venne trasferita in quella che veniva chiamata “camera del fuoco”, ma nel giro di pochi anni risultò troppo piccola per contenere tutti i libri che continuavano ad essere donati al monastero. Nel 1768 fu così inaugurata una nuova biblioteca i cui lavori furono dapprima affidati all’architetto Giovanni Biagio D’Amico e, alla morte di costui, all’architetto Giovanni Maggiordomo e la “camera del fuoco” fu trasformata in un archivio.
Il complesso monastico in quegli anni si dotò pure di un museo che fu situato al pianterreno del braccio orientale del “chiostro della clausura”. La biblioteca era situata nel piano nobile del braccio settentrionale dello stesso chiostro e le testimonianze dell’epoca la descrivono ampia e ariosa, con colonne corinzie in legno di noce decorate con arabeschi e il pavimento è in mattoni di ceramica.
Una descrizione dettagliata delle sue sale viene fornita anche da Vito Amico che del museo e della biblioteca del monastero scrive: «E’ fornito di buona biblioteca e di ammirevolissimo museo. La prima se è scarsa di opere moderne, è ricchissima di antiche edizioni e di codici a penna, fra i quali merita attenzione il famoso codice arabo malmenato da quell’impostore di Giuseppe Velia da Malta, che fu poi smentito dal Gregorio. Diamo una descrizione del museo per quanto permettono i confini del nostro lavoro. Entrando nella prima stanza, osservansi a destra preziose armi da difesa, e da offesa a sinistra, tra le quali archibugi e pistole di prima invenzione con le casse maestrevolmente intarsiate d’ avorio. Si conservano nella seconda camera molte iscrizioni, la maggior parte delle quali sono sepolcrali romani in marmo bianco; tre fra esse sono apposte ad elegantissime basi ornate di bassorilievi, ed altra ad un’urna cineraria magnificamente scolpita. Ve ne hanno anche delle greche, tra le quali primeggiano, una in un masso di pietra arenaria, ritrovata nei contorni di Segesta ed eruditamente illustrata dal Di Blasi, un’iscrizione araba eziandio in marmo, ed alcune poche doliarie. Sono anche degne di osservazione in questa stanza due canefore in pietra, di colossale figura, rinvenute tra le rovine di antichissimo tempio in Militello, e vi si osservano dippiù, un mezzo busto di un idolo egizio in porfido, alto colla base meglio che 2 palmi, ornato il dorso di geroglifici, un candelabro di marmo bianco alto più di 7 palmi ed egregiamente rabescato in rilievo, una statuetta della salute, un bassorilievo che rappresenta una Baccante, e molti altri semibusti, bassirilievi e gessi. Vari trittici sacri vedonsi inoltre dipinti in legno, e pitture sacre di greco pennello che rimontano al secolo XIV circa; vi si rilevano i pregi e i difetti del tempo […]. Osservasi anche un affresco che esprime la B. Vergine col bambino tra le braccia creduto comunemente del Novelli. É destinata la terza stanza a preziose pitture, del Calandrucci, del Lo Russo, del lo Verde, del Costantino detto il Fiammingo, e sin di Guido Reni, del Correggio, del Caravaggio, e dello Spagnoletto […]».
Il religioso e storico catanese, dopo aver pure descritto i monetari, i medaglioni, i vasi antichi, le tazze di cristallo e le altre suppellettili di pregio conservate nelle sale del museo, elenca le opere artistiche poste a decoro dei vari ambienti dell’antico monastero: «Si conservano nella chiesa, nel noviziato, nell’atrio della biblioteca, nel refettorio, nel museo, e nella camera dello abate stupende pitture, tra le quali la gran tela del S. Benedetto è uno dei capilavori del Novelli di cui ci hanno anche varie opere a fresco e ad olio, alcuni dipinti dello Spagnoletto, di Gherardo delle notti, di Paladino, del Musiano, una tavola che si attribuisce alla scuola di Raffaello , quadri del Caracci, del Vandyck, del Brunn, e molti altri lavori artistici di gran pregio. Ecco il quanto abbiamo potuto brevemente descrivere sul monastero, e sul museo martiniano».

Abbazia di San Martino: architettura

Nel XVIII secolo furono ampliate la biblioteca e il complesso monastico con la costruzione del dormitorio, i cui lavori di realizzazione furono affidati all’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia che tra il 1766 e il 1768 subentrò a Giovanni Maggiordomo nei lavori della biblioteca e nel 1772 ricevette l’incarico per la progettazione e la direzione dei lavori del nuovo dormitorio e dell’ammodernamento dell’abbazia. Qualche anno dopo il Marvuglia si dedicò alla progettazione della celebre Real Casina di Caccia di Ficuzza. Il monastero di San Martino fu quindi ampliato verso nord e dotato di nuovi chiostri e di una facciata monumentale lunga circa 137 metri e orientata verso il capoluogo siciliano. Il complesso monastico è abbellito con sculture di Ignazio Marabitti, tra cui una pregevole fontana del 1784 con l’allegoria del fiume Oreto che si trova addossata alla chiesa, e comprende chiostri, giardini e corpi di fabbrica che, oltre alla biblioteca e al museo, ospitano la Sala del Capitolo, i refettori, i laboratori, le officine e l’ospizio per i pellegrini.
La chiesa abbaziale di San Martino delle Scale fu edificata su un preesistente edificio di culto, di cui però non rimane traccia, e la sua realizzazione risale al 1564, anno in cui ebbero inizio i lavori che durarono oltre trent’anni. La chiesa si sviluppa su pianta a croce latina con tre navate, coro e due absidiole ai suoi lati, transetto con cappelle laterali, una cupola e ben cinque cappelle su entrambe le navate laterali. Tra le tante opere d’arte, conserva un organo monumentale di Francesco La Grassa, formato da circa 4.000 canne e 37 registri, che l’artista realizzò tra il 1852 e il 1857 utilizzando l’organo del 1594 a trasmissione meccanica su base 16 piedi del palermitano Raffaele La Valle.
I monaci dell’Abbazia di San Martino delle Scale sono tutt’oggi impegnati nell’attualizzare l’Ora et labora benedettino, si occupano di tenere corsi di esercizi spirituali e di lectio divina e conferenze ed organizzano concerti d’organo. Il monastero ospita l’Accademia di Belle Arti con corsi di arte e restauro e tra le sue antiche mura si produce persino una birra artigianale.

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Informazioni aggiuntive

  • EpocaXIV secolo
  • UbicazionePiazza Platani
  • Informazioni: Tel. (+39) 091 418104
  • Orari Messe: feriali ore 18,30; domenica e festivi ore 10,00, 12,00 e 17,30 (18,00 orario estivo)
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