Castello di Motta della Placa – Francavilla di Sicilia

Il Castello di Motta della Placa, in realtà un antico monastero, sorge in una posizione isolata e spettacolare, arroccato su uno sperone di roccia impervio che domina l’intera valle dell’Alcantara: la rupe della Batiazza. Questa collocazione strategica ne determinò per secoli la duplice funzione: luogo di spiritualità e, al tempo stesso, baluardo difensivo. Le strutture monastiche furono infatti adattate a scopi militari, trasformando il complesso in una roccaforte capace di resistere ad assalti e incursioni, simbolo di protezione e di forza nel cuore della Sicilia medievale. Provenendo dall’abitato di Francavilla di Sicilia verso l’interno, la sua sagoma appare in prossimità del bivio per Novara di Sicilia, testimoniando ancora oggi l’importanza strategica e simbolica di questo luogo. La collocazione geografica non fu casuale: come altri monasteri bizantini e basiliani della Sicilia orientale, anche quello della Placa fu eretto in un luogo impervio ma ricco di risorse naturali, come acqua e vegetazione. L’insieme costituiva così un presidio spirituale, agricolo ed economico, capace di autosostenersi e al tempo stesso di rappresentare un punto di riferimento per l’intera comunità circostante.

La storia del Monastero di Francavilla di Sicilia

La fondazione del Monastero del San Salvatore della Placa di Francavilla di Sicilia risale alla fine dell’XI secolo, precisamente al 1093, secondo un documento di donazione del conte Ruggero. Alcuni studiosi ipotizzano che la sua origine sia da retrodatare al 1080, e che il monastero sia sorto su un preesistente luogo sacro di origine bizantina, di cui purtroppo non restano tracce. Nel corso della sua storia, il complesso subì diversi adattamenti: la cronaca di Nicolò Speciale, nel 1299, ricorda l’«arx placarum», mentre nel 1356 è documentata la sua utilizzazione come fortezza, nota come «mocta placarum». Per oltre due secoli, quindi, il monastero mantenne una duplice funzione: luogo di preghiera e struttura difensiva.
Il terremoto del 1693 segnò l’inizio del suo declino: gravemente danneggiato, il complesso divenne pericolante e, intorno alla metà del XVIII secolo, i monaci basiliani furono costretti ad abbandonarlo per trasferirsi nei pressi dell’abitato di Francavilla. Le leggende locali arricchiscono la sua memoria: celebre è quella di San Cremete, che secondo la tradizione sopravvisse miracolosamente a una caduta dallo strapiombo adiacente al monastero, interpretata come un segno divino della sua santità.
Il monastero fu anche centro di attività produttive: i palmenti rupestri scavati nella roccia e ancora oggi visibili testimoniano la produzione vinicola delle comunità monastiche medievali. Queste strutture, insieme alle cisterne ipogee per la raccolta dell’acqua piovana, raccontano di un’economia autosufficiente e di una quotidianità scandita dal lavoro e dalla preghiera.

Architettura e resti del complesso

Oggi il monastero si presenta come un insieme di ruderi, ma l’analisi delle sue strutture consente di ricostruirne in parte l’assetto originario. I resti sorgono su un dado marnoso accessibile solo da occidente, mentre per tre lati le pareti precipitano in dirupi profondi centinaia di metri. L’impianto non era unitario ma frutto di successive aggregazioni: gli ambienti principali erano orientati verso est, con un deambulatorio comune e piccole celle per i monaci. L’ingresso conduceva a tre vani quadrati, seguiti da una chiesa a pianta rettangolare con nartece e abside poligonale. La chiesa presenta due tipologie di muratura: in basso conci di pietra squadrati, in alto pietrame minuto legato da malta e cocci. Questa differenza fa supporre una ricostruzione da un impianto originario bizantino. Accanto alla chiesa, alcuni vani rettangolari potrebbero essere stati usati come palmenti, mentre a sud una cisterna a volta ricoperta da malta idraulica garantiva l’approvvigionamento idrico.
La conformazione del monastero richiama quella dei celebri complessi monastici delle Meteore in Macedonia: edifici costruiti su speroni isolati, raggiungibili solo con scale a corda o ponticelli, che rappresentavano luoghi di preghiera, rifugio e resistenza. Il monastero di Motta della Placa, edificato ben prima di quelli macedoni, potrebbe persino aver costituito un modello esportato dalla Sicilia verso la Grecia.
Oggi, nonostante le macerie e il degrado, i ruderi del monastero basiliano restano una testimonianza preziosa della storia religiosa, militare ed economica della Sicilia medievale. Un luogo che racconta, tra fede e leggenda, la capacità dei monaci di integrare spiritualità, architettura e vita quotidiana in un contesto unico e irripetibile.

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Informazioni aggiuntive

  • Epoca: XI secolo
  • Ubicazione: Rocca Badia
  • Condizioni: Pochi ruderi
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